La Redazione Compie 90 anni uno dei più influenti autori del '900Il 7 dicembre 1928 a Philadelphia nasceva Noam Chomsky. Gli insegnanti conoscono bene Noam perché è un grande studioso di linguistica, ma anche uno strenuo difensore delle libertà democratiche, della cultura pedagogica, dell’istruzione, contro una élite di “massmediologhi” e di “opinionisti”, che oggi imperversa in rete, sui giornali, nei canali televisivi. Teorico dell’innatismo delle funzioni linguistiche, è anche un grande sostenitore della creatività umana che, proprio nel linguaggio, trova la principale forza espressiva.
Vi invito a leggere un bellissimo articolo di Elena Asquini in Il Libraio, che ne traccia il pensiero e presenta i suoi più importanti libri (https://www.illibraio.it/noam-chomsky-927652/?utm_campaign=NewsLibraio&utm_medium=email&utm_source=serietv) Per ricordare questa figura molto cara al mondo educativo e culturale, riporto una citazione che ho utilizzato in alcun corsi universitari sul tema della comunicazione istituzionale degli “antidoti” da sviluppare contro la manipolazione mediatica a cui siamo continuamente soggetti. “I mass-media, la televisione, i giornali, cercano sempre qualcuno che spieghi quello che succede nel mondo. Per lo meno negli Stati Uniti si rivolgono a dei professionisti della politologia, partendo dall’idea che solo queste persone sono competenti a spiegare quanto succede. Di conseguenza, per questi professionisti è molto importante far credere all’esistenza di referenze intellettuali, il che implica che solo essi hanno il diritto di commentare i fatti. E’ così che questa gente si mostra utile ed efficiente all’apparato del controllo sociale. Non vi rivolgete all’uomo della strada per costruire un ponte, no. Lo chiedete a un professionista. Ebbene, allo stesso modo, non dovete domandare all’uomo della strada: dobbiamo intervenire in Angola? Bisogna chiederlo a dei professionisti. Scelti con cura, beninteso. Per rendere le cose ancora più concrete, prenderò un esempio personale. Nel mio lavoro scientifico ho avuto a che fare con parecchi campi diversi. Ho lavorato molto in quello della linguistica matematica, senza avere delle - referenze – intellettuali come matematico: sono completamente autodidatta in materia. Ma spesso sono stato invitato da diverse università a parlare di linguistica matematica in alcuni seminari di matematica. Per esempio ad Harvard. Nessuno mi ha mai chiesto se avevo le referenze intellettuali necessarie per parlare di questi argomenti. Ai matematici, questo non interessa; quel che interessa, è quello che ho da dire. Nessuno è venuto a chiedermi, dopo la conferenza, se avevo una laurea in matematica o se avevo seguito dei corsi di antropologia. Non gli veniva neanche in mente. Volevano sapere se avevo ragione o torto, se l’argomento era o no interessante, se c’era modo di migliorare quello che io proponevo. La discussione verteva sull’argomento, non sui titoli. Invece, nei dibattiti politici sullo stato della società americana, sulla nostra politica estera, sul Vietnam o sul medio oriente, mi si obiettava: che titoli ha lei, per parlare di queste cose? Secondo i dottori in scienze politiche, le persone come me, considerate degli outsiders da un punto di vista professionale, non sono abilitate a parlare. Confrontiamo i matematici con i politologi: è impressionante. In matematica, in fisica, ci si preoccupa di quello che voi dite, non dei vostri titoli. Ma per parlare della realtà sociale, vi si richiedono dei certificati: non ci si preoccupa di quello che dite. Certo, questo accade perché la matematica e la fisica sono delle discipline che hanno un contenuto intellettuale significativo, il che non è vero per le scienze politiche. Mettere l’accento sul contenuto e la funzione delle discipline ideologiche è pericoloso, perché esse non si occupano principalmente dei fatti così come sono; cercano piuttosto di interpretarli e presentarli in una maniera che sia conforme a certe esigenze ideologiche. Dunque, quando io rifiuto di legare il mio lavoro di linguista alle mie analisi della politica contemporanea, lo faccio per non contribuire all’illusione secondo cui queste questioni richiedono delle conoscenze tecniche." (Noam Chomsky, Intervista su linguaggio e ideologia, Laterza, 1977, pag. 10 – 11) I commenti sono chiusi.
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